mercoledì 1 settembre 2010

LO SFRUTTAMENTO POLITICO DI AUSCHWITZ

Postato il Mercoledi 16 Febbraio 2005 (0:00) di davide

Cari Italiani,
ho tradotto un articolo importantissimo sull'uso politico dell'Olocausto. l'autore è Gilad Atzmon un ebreo antisionista nato in Israele ma fuggito da quel paese dopo la sua esperienza militare nei territori occupati. oggi vive in esilio a Londra. Noi non possiamo dire un decimo di quello che dice Atzmon, e invece l'articolo spiega molto bene perchè DOBBIAMO dirlo. Non dirlo significa fare il gioco della destra americana e della sinistra parlamentare europea. La lotta antimperialista risulta monca se non si smaschera l'uso politico dell'olocausto. l'articolo potrebbe completare l'analisi del Mito della Guerra Giusta di Powels. saluti e buona lettura.
Mauro
IL MITO DELLA SOCIETA' APERTA
DI GILAD ATZMON*
Sessanta anni dopo la liberazione, Auschwitz è diventato un evento politico internazionale. Non è una coincidenza e credo che dovremmo fermarci un momento e chiederci: Perché ora? Perché Auschwitz?

Noi che viviamo in un'epoca tecnologica, troviamo naturale che la maggior parte dei commentatori giudichino qualsiasi avvenimento analizzandone gli aspetti positivi, cioè la storia che essi contengono, i fatti su cui concentrare l'attenzione, il messaggio che se ne trae. Quando si parla di Auschwitz, si sottolineano solo il numero terrificante delle vittime, Mengele e i suoi esperimenti, la morte clinica di massa, le camere a gas, i treni, il famoso Arbeit Macht Frei sul cancello d'ingresso, la marcia della morte poco prima della liberazione, ecc. E tuttavia, io direi che è per lo meno altrettanto illuminante esporre ciò che il racconto di Auschwitz serve a nascondere. Ogni racconto storico può essere utilizzato come uno schermo fumogeno; e può diventare uno strumento molto efficace per far affermare la cecità collettiva. I racconti di Auschwitz e dell'Olocausto, in questo senso, non sono affatto diversi.
A quanto pare, pur senza impegnarci a rispondere alle molte domande che minano la validità della versione dell'Olocausto che è attualmente accettata dalla maggioranza della gente, noi possiamo senza pericolo chiederci a cosa serva oggi la versione ufficiale dell'Olocausto. Chi ne tragga beneficio. Abbiamo altresì il diritto di chiedere perché la versione ufficiale dell'Olocausto viene oggi diffusa tanto ampiamente[1] da diverse e opposte istituzioni politiche. E' forse il risultato di una propaganda altamente sofisticata e orchestrata dagli ebrei? Non ne sono più tanto sicuro.
Di primo acchito, la risposta a queste domande è assai semplice, la devastante immagine di Auschwitz e il Giudeocidio Nazista sono argomenti autosufficienti per condannare il nazionalismo, il razzismo e il totalitarismo. All'interno dell'accettata versione ufficiale dell'Olocausto, ognuna di queste ideologie viene considerata un nemico dell'umanità. Ma poi, si deve ammettere che non è né il nazionalismo, né il razzismo, né il totalitarismo che uccisero tanti esseri umani innocenti. Le ideologie non uccidono, sono sempre gli uomini che uccidono, indipendentemente dalle ideologie.
Ma la versione ufficiale va un po' oltre, con l'immagine di Auschwitz nel fondo della nostra mente, i nostri pensatori e politici liberali dell'Occidente ci descrivono entusiasticamente una visione ingenua della nostra realtà sociale, presentandoci una semplicistica divisione binaria. Da una parte c'è la società aperta, dall'altra ci sono i suoi numerosi nemici. Secondo questa visione del mondo, c'è una sola società aperta, ma numerosi sono i suoi nemici; è importante sottolineare che il concetto di società aperta è un concetto vuoto, in pratica significa molto poco, per non dire nulla. A quel che sembra, per diventare membro dell' esclusivo club della società aperta, si deve semplicemente sostenere le guerre giuste. Il presidente Bush, un uomo che è ben lungi dal possedere grandi doti di eloquenza, è stato inaspettatamente preciso nel presentare proprio questo assioma post-Auschwitz occidentale: State con noi o contro di noi.
Stare con noi, cioè stare con la società aperta, vuol dire che credete che siamo stati noi a liberare l'Europa, che siamo stati noi a liberare Auschwitz, che siamo stati noi che abbiamo salvato gli ebrei, e che siamo sempre noi che portiamo la nozione di democrazia negli angoli più remoti di questo pianeta turbolento. Stare con noi significa che accettate il fatto che noi rappresentiamo la voce del mondo libero. Significa anche che voi sapete di essere liberi incondizionatamente. Si tratta fondamentalmente di una nuova forma di tautologia: siete liberi anche se non lo siete. Stare con noi vuol dire che credete che il mondo sta progredendo rapidamente verso una divisione ancora più grande, vale a dire uno scontro di civiltà, in cui voi rappresentate un essere umano illuminato, buono e innocente, appartenente alla civiltà Giudeo-Cristiana, e gli altri sono malvagi fondamentalisti delle tenebre o per lo meno potenziali malvagi. Stare con noi vuol dire che ci si aspetta da te che tu non faccia troppe domande riguardo alla nostra condotta immorale.
Per esempio, non devi chiedere perché il Bombardiere Harris & Co[2] ha assassinato 850.000 civili tedeschi, bombardando le città tedesche invece dell'infrastruttura industriale nazista.
Essere un individuo libero in una società aperta significa che tu non devi mai azzardarti a fare domande riguardo Hiroshima. Nel caso tu sia abbastanza stupido da porre queste domande, faresti bene a farti subito furbo e accettare la verità ufficiale: Hiroshima era il modo migliore per porre un termine a quell'orribile guerra. Essendo un individuo libero quindi tu non farai domande riguardo alla moralità che si nasconde dietro l'uccisione di 2.000.000 di persone in Vietnam. Stando con noi non hai bisogno di porre tutte quelle stupide e noiose domande, perché devi ricordare che Auschwitz è stato il male supremo. Auschwitz è stato il fondo della malvagità umana e non devi mai dimenticare che siamo stati noi a metterci fine.
Diciamo la verità: Auschwitz è stato senza dubbio un luogo orribile, ma sfortunatamente non è il male ultimo, perché il male non ha né limite né scala. Poi, se si vuole essere storicamente precisi, dobbiamo dire che non è vero che siamo stati i liberatori di Auschwitz. A quanto pare, fu Stalin, l'altro male. Fu Stalin che diede a tanti ebrei, a tanti prigionieri di guerra, prigionieri politici, zingari e a tanti altri detenuti la possibilità di vedere la luce del sole. Ma ancora una volta, dal momento che siete esseri liberi appartenenti alla società aperta non avete veramente bisogno di fare attenzione a simili dettagli secondari della storia. Sembrerebbe che Auschwitz sia un tassello essenziale della nostra auto-immagine di virtuosi occidentali.Quando serve il petrolio iracheno, il presidente americano non deve fare altro che paragonare Saddam a Hitler. Poi veniamo a sapere che il popolo iracheno deve essere liberato dal suo 'Auschwitz'. Già sappiamo quali sono state le conseguenze inevitabili.
Dal momento che Auschwitz è così importante per i dirigenti politici americani, non sorprende che non troppo lontano dalla residenza del presidente degli Stati Uniti ci sia un grande museo dell'Olocausto, dedicato alla memoria degli ebrei e dei loro eroici liberatori. Il museo non riguarda le persone e nemmeno i crimini contro l'umanità, riguarda invece la continuazione dell'illusione della società aperta. Riguarda il mantenimento di una interpretazione particolare della storia. Riguarda l'idea che noi abbiamo ragione e gli altri, chiunque siano, hanno categoricamente torto.
Questo museo non è veramente sulla sofferenza ebraica. Suppongo che esso non spiegherà ai suoi visitatori alcuni fatti storici fondamentali. Per esempio, non sarà spiegato alla folla che ci sfilerà dentro che il governo americano adottò una politica di immigrazione fortemente restrittiva, mai modificata nel periodo 1933-1944,[3] per bloccare l'immigrazione ebraica. Eviterà altresì di illustrare il fatto che il governo americano si rifiutò di intavolare o ostacolò profferte tedesche di trasferire ebrei da territori controllati dai nazisti. Più di ogni altra cosa il museo nasconderà il fatto accertato che l'aviazione americana non ricevette mai l'ordine di mandare in frantumi la fabbrica della morte nazista. Non furono mai bombardate le ferrovie che conducevano ad Auschwitz e ancor meno fu bombardato il campo di Auschwitz, né dalla RAF inglese, né dall'aviazione americana. Sembrerebbe che nei centri decisionali americani ci sia stata per tutta la guerra una vera e propria negligenza assassina su questo punto. Per esempio, il 20 agosto 1944, ben 127 fortezze volanti, scortate da 100 aerei da combattimento Mustang bombardarono con successo una fabbrica a meno di 5 miglia da Auschwitz. Nessun aereo fu dirottato per attaccare il campo della morte. (secondo la versione sionista.Nota di merimar)
Questi fatti non verranno mai documentati nel museo americano dell'Olocausto. Essi non combaciano con l'auto-immagine di un'America eroica e giusta. La storia di Auschwitz è in realtà una storia di brutale negligenza anglo-americana. La versione accettabile di Auschwitz è fondamentalmente un mito che ha la funzione di sostenere la pratica espansionista degli Stati Uniti. Auschwitz è la colonna morale portante dell'ideologia americana.
Il museo dell'Olocausto è stato costruito per dire agli americani quello che può accadere quando tutto volge al peggio. Per quanto triste possa sembrare, nell'America contemporanea, tutto sta volgendo al peggio, malgrado il museo. La ragione è semplice, quando l'immagine del male si fa fermentare nella propria eredità culturale solo come attribuibile all'altro, allora si può diventare ciechi davanti al fatto che il male sei proprio tu. Come già i loro fratelli israeliani, gli americani hanno dimenticato come guardare a se stessi.
Nel caso dell'America, la versione ufficiale dell'Olocausto serve la filosofia espansionista della destra. Allo scopo di prevenire un'altra Auschwitz, gli americani manderanno i loro eserciti in Vietnam, in Corea, in Irak. Essi sono sempre i liberatori. Fino alla fine della guerra fredda, c'erano i comunisti da combattere, un male concreto e reale; ma ora il male sta diventando sempre più astratto. In realtà, l'unico modo per dare un volto concreto ad un nemico indefinito è di equipararlo a Hitler. Il caso dell'Europa è leggermente diverso. Per quanto possa sembrare strano, in Europa è la sinistra parlamentare che trae i benefici dallo sfuttamento di Auschwitz. Fintantoché Auschwitz resterà profondamente radicato nel discorso politico quotidiano, la destra non potrà mai alzare la testa.[4] La sinistra dominante europea dipende oggi totalmente dalla versione ufficiale dell'Olocausto e di Auschwitz.
A quanto pare, Auschwitz è l'ultima barricata della sinistra (parlamentare) contro la rinascita della destra. In Europa, qualsiasi sentimento di aspirazione nazionale, o solo una preoccupazione nazionale che può apparire xenofoba viene immediatamente contrastata come se fosse una rinascita del nazismo. All'interno di questa opprimente visione del mondo, alla gente non è più permesso di esprimere un qualche amore per il proprio paese. Inoltre, dal momento che essa è politicamente dipendente dall'immagine dell'ebreo come vittima innocente, la politica dominante della sinistra europea non potrà mai sostenere pienamente la causa palestinese.
A quanto pare, Auschwitz è diventato un simbolo del legame tra la sinistra parlamentare europea e la destra espansionista americana.[5] Per entrambi Auschwitz è un'icona della minaccia contro l'immagine della società aperta; nella prospettiva di questo legame fatale, qualsiasi genuina politica di sinistra europea è destinata a essere spinta al margine. Qualsiasi forma di politica genuinamente di sinistra è destinata ad essere presentata come una politica sovversiva ed estremista. Nel marzo 1988, Robin Cook, allora ministro degli affari esteri inglese, fece una visita diplomatica in Israele. Mentre si trovava in quel paese, Cook giustamente rifiutò di visitare lo Yad Vashem, sostenendo che era preoccupato del futuro e non del passato. Non molto tempo dopo Cook perse il posto. Il rifiuto di inchinarsi davanti alla versione ufficiale di Auschwitz gli costò il ministero degli esteri. Non furono gli ebrei che lo cacciarono da quel ministero. Fu il partito laburista, un partito parlamentare della sinistra europea. E così, Auschwitz è lì per protrarre il mito della società aperta, è lì per presentarci un'illusione di identità occidentale liberata. Finchè ci sarà Auschwitz nel cuore della nostra politica quotidiana, noi saremo tutto all'infuori che liberati. C'è vita dopo Auschwitz e questa vita ci appartiene. Faremmo meglio a farne qualcosa di utile. Se c'è qualcosa che non dovremmo mai fare, questo sarebbe di non uccidere nessuno nel nome di Auschwitz.
E' invece esattamente ciò che stiamo facendo.
Gilad Atzmon
Fonte.www.counterpunch.org/atzmon01292005.html
29/0.02.05
Segnalato da: Redlink
*Gilad Atzmon è nato in Israele ed ha effettuato il servizio militare nell'esercito israeliano. E' l'autore di un recente romanzo 'A Guide to the Perplexed'. Atzmon è anche uno dei migliori sassofonisti europei. Il suo ultimo CD 'Exile? (Esilio) è stato dichiarato il migliore CD Jazz dell'anno da parte della BBC. Vive a Londra.
NOTE:
[1] Al punto che qualcuno comincia a chiedersi se la commemorazione del 'Giorno della Memoria' con documentari, cerimonie ufficiali, messe e prediche religiose, film hollywoodiani, testimonianze, discorsi di politici di tutte le tendenze, presentazioni di libri, poesie, concorsi nelle scuole, con una lunga e insistente programmazione di tutte le reti televisive e radiofoniche, con articoli di prima pagina di tutti i quotidiani, manifesti, ecc non corra il rischio di diventare controproducente (ndt).
[2] Arthur Harris (1892-1984) teorico e responsabile britannico dei bombardamenti sui civili tedeschi tra il '40 e il '45.
[3] Nè naturalmente il museo spiegherà che questa politica di immigrazione restrittiva era appoggiata (sembra assurdo ma è vero!) dalla principale organizzazione sionista americana che per voce di un suo dirigente, Stephen Wise, con l'approvazione del presidente della Organizzazione sionista mondiale, Weizman, si oppose all'abolizione delle restrizioni sull'immigrazione ebraica in America nella speranza che questa immigrazione si dirigesse verso la Palestina al fine di costituirvi al più presto una maggioranza ebraica e uno stato ebraico sionista (vedi Lenni Brenner, 'Zionism in the Age of the Dictators' Cap. 13, edizione Online, dove tutta la vicenda è esposta con dovizia di particolari.) (ndt).
[4] Questo è vero per la destra di tutti i paesi europei, come ad esempio la destra di Le Pen in Francia o la destra austriaca di Haider, ma non per la destra trasformista di AN in Italia. Fini ha fatto dell'alleanza con Bush e Sharon e del sovvertimento della precedente politica antisemita i cardini del rinnovamento del fascismo italiano. Fini ha capito che all'estrema destra oggi conviene adottare la stessa politica dell'Olocausto adottata dalla destra USA (ndt).
[5] Blair e il partito laburista inglese ne sono gli esempi più eclatanti (ndt).
LEGGI ANCHE:«LA STORIA SIAMO NOI» O «LA STORIA LA FANNO LORO»?
sabato 31 ottobre 2009
Gilad Atzmon: mandiamo i sionisti in un altra galassia
DOPO TUTTO SONO UN VERO EBREO SIONISTA

Di Gilad Atzmon, 27 Ottobre 2009

Sono un sopravvissuto dell’Olocausto

Sì, sono un sopravvissuto, perché sono riuscito a sopravvivere a tutti i racconti spaventosi dell’Olocausto: quello sul sapone
quello sui paralumi, quello sui campi, quello sulle fucilazioni di massa, quello sul gas e quello sulle marce della morte
Sono riuscito a sopravvivere proprio a tutti. Nonostante tutte queste storie che ti infliggono la paura, instillate di proposito nella mia anima sin da quando ho aperto gli occhi, sono diventato un essere umano efficiente e persino di successo. In qualche modo, sono sopravvissuto all’orrore, malgrado tutto. Sono riuscito persino ad amare il mio prossimo. Nonostante tutto questo indottrinamento, pauroso e traumatico, sono riuscito miracolosamente a padroneggiare il mio suadente sax contralto, invece del lamentoso violino.

In realtà, ho già deciso che, nel caso la Regina – o qualsiasi altro membro della Famiglia Reale – dovesse prendere in considerazione di fare di me un “Sir” per i miei meriti bebop, o addirittura per aver affrontato la barbarie sionista con la mia semplice penna, cambierò immediatamente il mio cognome da Atzmon in Vive, solo per diventare il primo e unico Sir Vive.

Sono anche totalmente contrario al negazionismo dell’Olocausto

Sono chiaramente indignato con quelli che, in nome dell’Olocausto, negano i genocidi che stanno avvenendo ora. La Palestina è un esempio, l’Iraq è un altro e quello che è previsto per l’Iran è probabilmente troppo spaventoso da esaminare.

L’Olocausto è una religione relativamente nuova
E’ priva di misericordia o di compassione: al contrario, essa promette vendetta per mezzo del castigo. Per i suoi seguaci, è qualcosa di liberatorio perché permette loro di punire tutti quelli che vogliono fino a quando ne ricevono piacere. Questo potrebbe spiegare perché gli israeliani sono arivati a punire i palestinesi per crimini che furono commessi dagli europei. E’ chiaro che la nuova religione emergente non riguarda solo l’”occhio per occhio”; in realtà, si tratta di un occhio per migliaia e migliaia di occhi.

Un mese fa, mentre visitava Auschwitz, il ministro della difesa israeliano Ehud Barak ha lasciato un’annotazione nel libro ufficiale dei visitatori: “una forte Israele è sia la consolazione che la vendetta”[6]. Nessuno potrebbe riassumere meglio le aspirazioni di questa religione. La religione dell’Olocausto non offre redenzione. E’ una manifestazione rozza e violenta di vera brutalità collettiva. Non può risolvere nulla, perché l’aggressione può solo provocare sempre nuove aggressioni. Nella religione dell’Olocausto non c’è nessuno spazio per la pace o per la grazia. Prendete esempio da Barak: è nella vendetta che trovano la loro consolazione.

Negare il pericolo causato dalla religione dell’Olocausto e dai suoi seguaci significa rendersi complici di un crimine crescente contro l’umanità e contro ogni possibile valore umano.

Sono anche totalmente a favore del Progetto Nazionale Ebraico

Qualcuno crede che dopo 2.000 anni di “Diaspora Fantomatica” gli ebrei abbiano il diritto ad una “madrepatria nazionale tutta loro”. A quanto pare i sionisti la volevano sinceramente. Lo stato ebraico ora è sufficientemente reale da aver trasformato l’intero Medio Oriente in una bomba a orologeria.

Riesaminare il record israeliano dei crimini contro l’umanità compiuti negli ultimi sessant’anni non lascia molto spazio alle congetture. Stiamo parlando di una società patologicamente sinistra. Quindi, se qualcuno di noi potrebbe concordare sul fatto che gli ebrei debbano avere un ipotetico diritto a una terra tutta loro, il pianeta terra non è certo il luogo ideale per una roba del genere.

Quindi, inviterei la NASA a intervenire e a fare uno sforzo particolare per trovare un pianeta alternativo adatto alla madrepatria sionista, in un altro spazio o anche in un’altra galassia. Il Progetto Sionista Galattico significherebbe il passo immediato dalla “terra promessa” al “pianeta promesso”. Direi di sottolineare in modo entusiastico che, invece di cercare “una terra senza popolo per un popolo senza terra”, quello che vogliamo davvero è un “pianeta solitario”. Potrebbe essere persino desertico, visto che dicono di sapere come far fiorire un deserto. In un pianeta tutto loro, i sionisti galattici non avrebbero bisogno di opprimere nessuno, né di praticare pulizie etniche, non dovrebbero più chiudere le popolazioni native in campi di concentramento, perché non vi sarebbero popolazioni native nei dintorni da maltrattare, affamare, uccidere ed epurare. Non dovrebbero più gettare fosforo bianco sui loro vicini perché non avrebbero nessun vicino. Raccomando vivamente la NASA di cercare un pianeta che abbia una gravità molto debole in modo che la gente possa girovagare facilmente. Dopo tutto, desideriamo che i nuovi Sionisti Galattici si godano il loro progetto futuribile proprio come i palestinesi e molti altri potrebbero godersi la loro assenza.

Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo:

Riconosciuto recentemente essere un “mito” dal museo israeliano dell’olocausto Yad Vashem:

Un fatto storico protetto dalla Legge Europea

Si tratta di una narrazione leggermente fuorviante. Se i nazisti fossero stati interessati ad annientare l’intera popolazione ebraica europea come sostenuto dalla narrazione ortodossa e sionista dell’olocausto, allora è piuttosto oscuro quello che li indusse a far marciare quanto rimaneva dell’ebraismo europeo verso la loro madrepatria nazista in rovina in un’epoca in cui era chiaro che stavano perdendo la guerra. Le due narrazioni, l’”annientamento” e le “marce della morte” sembrano incompatibili. La questione merita ulteriori approfondimenti. Vorrei solo dire che le risposte ragionevoli che ho scoperto potrebbero danneggiare duramente la narrazione ortodossa dell’olocausto il filosofo israeliano professor Yeshayahu Leibowitz è stato probabilmente il primo a definire l’olocausto come “la nuova religione ebraica”.





30/05/2006

Ad Auschwitz Benedetto XVI saluta le poche pecorelle ancora rimaste in vita, «miracolosamente» sopravissute.
In Cina esiste da millenni una religione civile pubblica che nemmeno Mao è riuscito ad abolire: il confucianesimo.
Si può essere buddhisti, taoisti e cristiani - o anche semplicemente atei - ma bisogna assolutamente compiere gli atti rituali del «culto degli antenati».
Oggi il culto continua nei soli riti privati, ma v'erano riti pubblici e grandiosi, eseguiti dall'imperatore e dai funzionari di ogni grado, e un'etica obbligatoria per tutti - ma anche volentieri seguita - che comprende, per esempio, il rispetto dei vecchi, l'assistenza ai genitori, il culto della famiglia intesa come continuità mistica nella vita e nella morte.
I culti confuciani supponevano la presenza di tutti gli antenati, anche gli sconosciuti e dimenticati, come viventi nei discendenti.
I gesuiti di padre Ricci capirono bene che questo culto non era una religione ma una morale civile, e una pedagogia.
Tolta la tonaca, vestirono gli abiti spettanti al loro rango di intellettuali - la veste lucente di seta dei mandarini - e compirono quei riti.
Il Vaticano, troppo estraneo al contesto culturale cinese, sospettò l'idolatria e impose il divieto.
Fu la crisi della penetrazione missionaria cinese: dei portatori di una religione che però non compivano i riti sociali cinesi, restavano radicalmente «stranieri» e non assimilabili.
Oggi il Vaticano ha capito che, se non vuole essere spazzato via del tutto dalla scena del mondo, deve bruciare grani d'incenso alla religione civile universale.

Non sfuggirà infatti che il laico Occidente ha il suo «confucianesimo».
L'Occidente è laico in quanto esige da tutte le altre fedi che si limitino alle sfera privata, non giudichino la società, e compiano il meno possibile di atti esterni; e rigetta l'Islam proprio perché esso resiste a questa riduzione alla coscienza intima e individuale.
Però esige che la sua vera religione venga onorata da tutti in culti aperti e «pubblici».
Di fronte ad essa, non è consentita l'apostasia, e nemmeno il semplice agnosticismo, che invece è raccomandato come atteggiamento laico verso tutte le altre.
E' consentito, anzi applaudito, sostenere pubblicamente che Gesù non è mai esistito, esercitare una critica distruttiva sui Vangeli, proclamare che le cose e le vicende della prima Chiesa non sono andate come essi raccontano; ma nessun dubbio è consentito nella nuova religione.
Essa è protetta dalla per legge da ogni «critica delle fonti», e per legge penale: non c'è segno più chiaro della natura pubblica della fede civile di questo suo essere protetta dallo Stato contro ogni dubbioso o renitente.
Chiunque provi, sulla base di ricerche storiche, a dire che le cose non sono andate proprio come vuole la fede universale, è «revisionista», e quindi espulso dalla comunità.
Ritualmente, ma anche concretamente incarcerato.
Il settimanale Spiegel ha appena intervistato l'iraniano Ahmadinejad.

Costui ha ripetuto in sostanza che, «se» l'olocausto c'è stato veramente, è in ogni caso una colpa degli occidentali, che gli orientali non hanno commesso; e non si vede perché il Medio Oriente debba sopportare la conseguenza storica di questa colpa non sua, ossia lo Stato d'Israele armatissimo, minaccioso e oppressivo verso tutti i suoi vicini.
Come previsto, quest'argomento non è stato ritenuto accettabile.
Verso le altre religioni, specie l'Islam, è incoraggiata la derisione blasfema; ma verso la sola unica vera, non è consentito nemmeno l'agnosticismo.
La semplice professione di estraneità, un semplice «se», bastano a decretare l'accusa di «negazionismo», ossia della suprema eresia, che comporta l'esclusione dal genere umano e la perdita di ogni diritto, anche a quello alla propria difesa legale e militare.
Le altre religioni hanno smesso di bruciare apostati ed eresiarchi; solo la nuova religione prescrive ancora per gli eretici il rogo, non escluso quello nucleare.
Per tutti questi motivi, Benedetto XVI ha fatto benissimo a compiere l'atto di culto richiesto dal nuovo confucianesimo globale.
I cattolici progressisti e conciliari, che spregiano la liturgia come un vecchiume superfluo, dovrebbero ricavare qualche riflessione dai resoconti giornalistici della prima visita del nuovo Papa ad Auschwitz: giornali e TV hanno spiato puntigliosamente fino a che punto Benedetto si conformava alla liturgia della religione totale, e hanno sottolineato i punti in cui è parso discostarsene.

Hanno preso nota di quante volte, anziché la parola «olocausto», ha osato il termine «shoah», più liturgico perché tratto dalla lingua sacra, e la cui pronuncia è segno esterno di una più intima adesione alla fede occidentale universale.
Hanno sottolineato compunti che il Papa è entrato ad Auschwitz con le mani giunte e così ha compiuto tutto il liturgico percorso, la via crucis ebraica, «in preghiera fin dal primo istante del suo ingresso» (La Repubblica).
E come non abbia aperto bocca «se non al termine del canto di lutto del Kaddish», canto altamente liturgico.
Hanno notato con compiacimento la frase papale: «Perché, Signore, hai taciuto? Perché hai potuto tollerare tutto questo? E' in questo atteggiamento di silenzio che ci inchiniamo profondamente nel nostro intimo davanti alla innumerevole schiera di coloro che qui hanno sofferto e sono stati messi a morte».
Questa frase è stata vista come adesione dovuta alla neo-teologia globale, secondo cui «Dio ad Auschwitz non c'era» perché non è intervenuto a salvare il suo popolo non solo eletto, ma innocente da ogni colpa; da cui discende che da quel momento, tale popolo si autorizza a prendersi da sé ciò che Dio gli aveva promesso e che non ha mantenuto, a cominciare dalla Terra Santa; e a difendersi da sé con 2-300 bombe atomiche.
Per un cristiano, ciò è ovviamente assurdo.

Non solo dove c'è la sofferenza di uomini, là appunto è Cristo crocifisso; ma ad Auschwitz Cristo diede prova della sua presenza, incarnato in padre Kolbe, che diede la vita «per gli amici», mostrando così che l'amore è più grande.
E infatti, Benedetto XVI ha visitato anche la cella di padre Kolbe.
Un piccolo strappo alla liturgia, che viene tollerato perché dopotutto Kolbe ha salvato con la sua vita quella incomparabile di ebrei.
Quel che conta, per il neo-confucianesimo occidentale, è che gli atti del culto pubblico vengano compiuti da ogni religione e da ogni capo religioso.
Atti esterni: sono i segni che contano.
Segni di sottomissione.
Papa Benedetto è stato molto attento.
Come padre Ricci in Cina, ha pronunciato le parole richieste al momento liturgicamente prescritto, per poter poi concedersi qualche verità.
Ha detto che gli ebrei ad Auschwitz sono stati suppliziati come «pecore da macello», espressione che riconosce agli ebrei la loro innocenza radicale anzi sacrale, che li rende immuni da ogni giudizio sui loro atti successivi, anche malvagi.

Il Papa ha confermato che i nazionalsocialisti «con l'annientamento di questo popolo volevano uccidere quel Dio che chiamò Abramo, che parlando sul Sinai stabilì i criteri orientativi dell'umanità che restano validi in eterno».
Non era quello il momento di sottilizzare che Gesù negò quello che gli ebrei gli ripetevano, «nostro padre è Abramo», e anzì asserì che «vostro padre è il diavolo».
Nella liturgia del neo-confucianesimo non c'è spazio per parole in libertà ed espressioni private come ce n'è in abbondanza nella liturgia cattolica post-conciliare.
Come prescritto, si doveva assolutamente stabilire che uccidere ebrei equivale ad «uccidere Dio», magari ritraendosi dall'enunciare il corollario evidente, che dunque gli ebrei e Dio sono una cosa sola.
In compenso, il Papa ha potuto insinuare parole cristiane.
La memoria dei milioni di morti non vuole, ha detto, «provocare in noi l'odio: ci dimostrano anzi quanto sia terribile l'opera dell'odio».
Il ricordo delle vittime, ha continuato, vuole «portare la ragione a riconoscere il male come male e a rifiutarlo; suscitare in noi il coraggio del bene, della resistenza contro il male».
Questo è infatti cristiano.
Anche se, prudentemente, è stato opportuno farlo citando non Cristo, ma Sofocle.

Il Papa ha parlato dei «sentimenti che Sofocle mette sulle labbra di Antigone di fronte all'orrore che la circonda: 'sono qui non per odiare insieme ma per insieme amare'».
Un bellisssimo colpo: non occorre essere cristiani per capire che non si deve continuare ad odiare, che l'intera umanità, anche i nemici, sono chiamati ad amare insieme.
Che a questo deve tendere un culto della memoria.
Notevole, e degno della riflessione dei catto-progressisti, è il tono con cui giornali e TV hanno riportato l'evento cultuale.
Resoconti tutti rigorosamente uguali.
Stesse sottolineature compunte dei medesimi momenti del rito, stessa commossa unzione, stesse parole.
Evidentemente consci, i giornalisti, che non stavano facendo cronaca ma essi stessi partecipavano alla liturgia.
Come i fedeli della Messa di un tempo rispondevano con parole prescritte, anch'essi hanno recitato i responsorii consacrati dalla neo-tradizione.
Non hanno raccontato, ma suonato sull'organo i motivi sacrali, senza alcuna variazione («ne varietur», era scritto sugli spartiti dell'antico gregoriano).
Non più osservatori, ma popolo di fedeli partecipanti al rito centrale della sola religione a cui loro e tutti noi, Papi e imam, siamo obbligati ad aderire.

E infatti la cronaca-liturgia è stata accompagnata da liturgiche rievocazioni della shoah, dai vecchi storici filmati; tutti volti a riconfermare la fede nella «unicità» dell'evento e della sofferenza eletta.
Alla quale è vietato congiungere, ed anche lontanamente paragonare, i milioni di morti nelle tragedie del secolo breve.
Benedetto tuttavia ha ricordato anche i polacchi, i russi (20 milioni di morti nella seconda guerra mondiale) e i «rom» vittime della stessa mano.
Ciò è consentito, purchè non si facciano paragoni fra queste stragi e l'unica shoah.
Se mai, La Repubblica si è permessa di notare ciò che mancava nell'elenco del Papa: «nessuna traccia degli omosessuali deportati nel lager».
Ma i tempi non sono ancora maturi per una liturgia pubblica e obbligatoria di quest'altro, subordinato «agnello sofferente» della modernità.
Però sul cuore del rito, per sapere fino a che punto il Papa aveva rispettato i canoni, i giornalisti non hanno osato esprimere giudizi proprii.
Si sono rivolti - tutti nessuno escluso - ad esponenti della comunità ebraica; com'è giusto, essendo questa l'oggetto del culto, nonché la fondatrice della fede civile globale, e dunque la sola autorità giudicante della congruità degli ufficii.
Così, i cronisti hanno riportato che dalla comunità era venuto «qualche appunto».

Per esempio, si è notato, il Papa non ha ripetuto una pubblica condanna dell'antisemitismo «attuale».
La cosa non deve stupire: anche la Chiesa cattolica conosce la distinzione fra peccato «originale» e peccato «attuale».
Come infatti ogni discendente di Adamo porta le conseguenze del peccato «originale» anche se non compie peccati «attuali» personali (e nel cristianesimo ne va lavato col battesimo), così nella nuova religione totale tutti i non-ebrei (anche i lontanissimi persiani) sono colpevoli in quanto discendenti di Hitler; ed essendo la loro natura indebolita dal peccato originale, sono inclini a commettere quell'antico peccato anche oggi.
Per esempio, se obiettano alle 200-300 atomiche di Israele, e all'oppressione che fanno soffrire ai palestinesi, i non-ebrei si macchiano di «antisemitismo».
Per questo l'anti-sionismo è smascherato costantemente come una maschera dell'antisemitismo.
E se un palestinese hizbullah spara e uccide un ebreo, non compie un omicidio, ma un sacrilegio, perché ripete la colpa originaria.
Perciò tutti, anche il Papa, devono costantemente «mettere in guardia» dall'antisemitismo, dal negazionismo e dal revisionismo.
A questo si congiunge il secondo «appunto».
Infatti Benedetto, ha rilevato il capo della comunità ebreo-polacca Kadlcik, non ha ricordato «tutte le altre sofferenze patite dagli ebrei prima e dopo l'olocausto».

Kadlcik ha rilevato che al contrario, Giovanni Paolo II ha sempre ripetuto: «Le sofferenze degli ebrei non sono cominciate nel '41 e non sono finite nel '45».
Questo è un punto teologico della più evidente importanza per la nuova religione: non deve ridursi, come il confucianesimo, ad un culto degli antenati.
Chi vuole essere ammesso ai benefici sociali del rito pubblico, non basta dunque che celebri l'olocausto.
Deve proclamare il concorso della sua colpa in ciò che gli ebrei hanno sofferto «prima e dopo».
Che non significa solo riconoscere che quella degli ebrei è una sofferenza metafisica, non paragonabile ad alcun'altra; si deve anche capire, anzi far propria intimamente l'idea che gli ebrei stanno soffrendo anche oggi per colpa nostra attuale; e per questo si armano, spingono gli USA a incenerire l'Iraq e l'Iran, e calpestano i palestinesi.
Israele è infatti minacciata «nella sua stessa esistenza» (recita la neo-liturgia) in modo permanente - ne segue che, per cercare di vivere tranquilla, e alleviare almeno un poco la propria sofferenza, deve per forza destabilizzare attorno a sé una vastissima popolazione umana, spargendo morte e uranio impoverito, distruggendo colture e civiltà inferiori nel raggio di migliaia di chilometri.
Perché «Dio ad Auschwitz non c'era» e diciamolo pure, non c'è nemmeno altrove.
Dunque spetta ad Israele farsi Dio.
E se per questo devono far soffrire altri, non importa: le sofferenze altrui valgono infinitamente meno di quella eterna e sacra degli eletti.

Furio Colombo, autorizzato dalla sua triplice veste di giornalista, ebreo e vittima, non ha avuto bisogno di raccogliere le lagnanze degli eletti.
Le ha espresse lui stesso con la dovuta crudezza su L'Unità, sotto il titolo «Un papa revisionista».
Il Papa è revisionista perché ha provato a dire che anche i tedeschi sono stati vittime ingannate da una dittatura criminale.
«Ha parlato da tedesco», e non da vero adepto della fede pubblica.
«Ha nominato Stalin fra i mali del mondo, mai Hitler».
«Non ha ricordato la Rosa Bianca».
Ha fatto una lista delle «altre vittime» che non è piaciuta, perché ha dato l'impressione di confondere tra quelle il popolo eletto.
Eccetera, eccetera.
L'accusa peggiore, per le conseguenze che comporta, è la prima.
Infatti il rabbino Di Segni ha sottolineato la frase sul popolo tedesco, «come fosse egli stesso vittima e non, invece, parte dei persecutori».
Altri hanno ricordato che i tedeschi furono «i volonterosi carnefici di Hitler», ed è una risposta adeguata nel quadro della liturgia, di fronte al maldestro revisionismo pontificale.
In questo revisionismo, c'è il seme di un giudizio «laico» in quanto storico, che non può essere ammesso nella religione pubblica: come c'è una sola vittima collettiva e innocente, ci dev'essere un colpevole collettivo e metafisico, eterno, fissato dal rito una volta per tutte.

In ogni caso, forse Benedetto ha evitato il peggio, evitando di menzionare la sofferenza attuale inflitta ai palestinesi, la fame, il soffocamento, la mancanza di cure.
Quella sofferenza è laica e banale; fa parte della cronaca, non della storia sacra.
Queste lagnanze tuttavia ci dicono qualcosa di inquietante.
Una religione pubblica sconta e ammette l'inevitabilità di una qualche ipocrisia, di solito le basta il compimento degli atti esterni di latria, la cerimonia.
Qui, gli oggetti del culto pretendono dal Papa l'adesione intima della coscienza al sacro racconto, al sacrificio fondante dell'ebraismo supremo; senza riguardo per la fede di cui il Papa è capo, il cui racconto sacro, il cui sacrificio fondante, ai loro occhi non merita rispetto e non vale nulla.
Nessuno ha rivendicato il diritto del Papa al suo proprio racconto, perché questo deve restare intimo e privato - come un sogno o un delirio - e non pretendere lo status di religio riconosciuta.
Questo ci dice chiaramente che il culto dell'olocausto non è solo la religione civile dell'epoca; è la sola religione rimasta.
Non si contenta di cerimonie, esige riti sacramentali.

E inoltre, questa religione civile non è così innocua (o benefica) come il confucianesimo.
Essa ha conseguenze politiche su tutta l'umanità, nel nostro oggi.
E conseguenze gravi, in termini di guerre ed oppressioni.
A questo punto, rifiutarsi di bruciare il grano d'incenso al nuovo Cesare-Dio non sarà uno stretto dovere, per dei cristiani?
Qualche giovane prete, angosciato, mi ha scritto in questo senso.
Ma non ne accusiamo Benedetto: dopo il Concilio, siamo tutti ormai abituati a dare poca importanza agli atti rituali, abbiamo perso il senso del loro valore sacramentale.
Per questo è facile aderire alla religione civile totalitaria.
Senza la piena consapevolezza di ciò che questo significa.
Per tornare cristiani, bisogna percorrere una lunga strada a ritroso.
Per adesso, siamo confuciani.




Nota.
Sul numero degli ebrei uccisi nella seconda guerra mondiale

http://www.vho.org/aaargh/ital/ital.html


Statistiche sull'Affiliazione Religiosa del 1950

Quando noi sentiamo i giornali e le televisioni parlare di 6.000.000 di Ebrei uccisi nei campi di sterminio non ci viene mai indicata la fonte di questa cifra. Ebbene la fonte é solo una ed é l'Enciclopedia Ebraica dove il totale e di 5.820.960. Adesso, io sicuramente non sono uno storico, ma mi hanno sempre insegnato che bisogna diffidare delle cifre che vengono fornite da una delle due parti coinvolte, e che per lo meno più di una fonte deve essere citata. La cifra di 6 000 000 dopo essere stata ripetuta per Milioni
di volte nei giornali, televisioni e film di Hollywood é diventata ufficiale. Questo nonostante, gia alla fine della guerra, si fosse in possesso di statistiche accurate sul numero degli Ebrei prima e dopo la
guerra, e dei loro movimenti migratori fuori dall'Europa, verso l'America la Palestina e la Russia.
Secondo l'Appendice N°VII, "Statistiche sull'Affiliazione Religiosa", del libro del Senato Americano "A Report of the Committee on the Judiciary of the United States Senate" del 1950, il numero di Ebrei nel mondo in quell'anno era di 15,713,638 (vedi foto a lato). La stessa fonte nel 1940 riporta il numero di Ebrei nel mondo a 15,319,359. Se lo studio statistico del governo Americano é corretto la popolazione Ebraica non diminuì durante la guerra, ma subì un piccolo incremento.
Se in 3/4 anni i tedeschi avessero fatto sparire 6 milioni di ebrei, si potrebbe concludere che c'è stato un olocausto. Ma da dove proviene la cifra di 6 milioni? Questa cifra ci viene presentata come derivante da studi scientifici. In realtà è stata introdotta per la prima volta al Tribunale di Norimberga, da Höttl, che non aveva veste di testimone, presentata in una sua deposizione scritta, ma non davanti ai giudici. Höttl racconta che Eichmann avrebbe detto d'essere saltato di gioia apprendendo che 6 milioni
di ebrei erano stati liquidati.
La testimonianza di Höttl fu accettata dalla corte senza che la difesa potesse esaminare il teste. Höttl nonstante fosse stato un membro delle SS che si macchio di crimini dopo la sua confessione fu rilasciato e comincio a lavorare come agente per la CIA. Nel 2001 la CIA rese pubblica la cartella
su Höttl (scritto anche Hoettl) intitolata, "Analysis of the Name File of Wilhelm Hoettl" di circa 600 pagine. Nel documento Höttl viene descritto come una fonte poco attendibile che regolarmente fabbricava informazioni per chiunque lo avrebbero pagato. Nelle parole di uno dei ricercatore della CIA:
«Hoettl's name file is approximately 600 pages, one of the largest of those released to the public so far. The size of the file owes to Hoettl's postwar career as a peddler of intelligence, good and bad, to anyone who would pay him. Reports link Hoettl to twelve different intelligence services,
including the U.S., Yugoslav, Austrian, Israeli, Romanian, Vatican, Swiss, French, West German, Russian, Hungarian and British.»
Dalla cartella della CIA emerge anche l`interessante fatto che Höttl poco dopo il suo arresto nel maggio 1945 cominciò subito a lavorare per il U.S. Office of Strategic Services (OSS) predecessore della CIA e che fu allora, quando lavorava per l`OSS, che "confessò" la cifra di sei milioni. Nel profilo della CIA su Höttl dopo il suo arresto egli viene descritto:
«Upon his arrest, Hoettl played to the interests of his captors ...»
La prima apparizione della cifra di "sei milioni di morti" avviene nel`Ottobre del 1919 sulla rivista Ebraica di New York, The American Hebrew. (clicca sull`immagine per leggere l`articolo)
Come se non bastasse la cifra dei Sei Milioni appare incredibilmente gia 25 anni prima! Nel 1919 un ex governatore dello stato di New York, Martin Glynn, pubblico un`articolo intitolato, "The Crucifixion of Jews Must Stop!," sul quotidiano ebraico americano, American Hebrew di New York, dove egli ripetutamente parla "dell`imminete morte di sei milioni di ebrei in europa" in quello che egli chiama un`"olocausto".
Nel 1983 un ricercatore, che si firma Walter Sanning, ha prodotto uno studio statistico - "The dissolution of Eastern European Jewry" (La dissoluzione dell'ebraismo est europeo) - sui trasferimenti delle popolazioni ebraiche dell'Europa Orientale, ove precisa che una parte cospicua è emigrata,
durante la guerra e dopo, in Palestina, altri negli USA, in Cina, in Sud America. Ad altri ebrei, fra quelli trasferiti all'est dai tedeschi, i sovietici non consentirono di ritornare all'ovest. In conclusione, afferma
Sanning, gli ebrei che avrebbero potuto essere sterminati dai nazionalsocialisti erano 3/400.000. Tutti gli altri ebrei si sa che non sono morti, ma sopravvissuti alla guerra.
Di fronte alla serietà dello studio di Sanning, gli storici ebrei sono costretti ad ammettere che non c'è stato sterminio, ma che vi sono comunque stati massacri qua e là. Gli storici ebrei sanno che 6 milioni di morti è una cifra, in quel contesto, impossibile (ciò è quanto sono costretti ad ammettere nelle loro pubblicazioni che hanno diffusione ristretta, mentre al grande pubblico le lobbies giornalistiche e televisive seguitano a propinare la leggenda dei 6 milioni).
D'altronde in Das jüdische Paradox (Europaische Verlagsantstalt, 1976, p. 263), Nahum Goldmann, che fu per parecchi anni presidente del Congresso mondiale ebraico, scrive questo:
«Ma nel 1945 c'erano circa 600.000 ebrei sopravvissuti nei campi di concentramento che nessun paese voleva accogliere».
Se i nazisti avessero voluto sterminare gli ebrei, come mai 600.000 di essi hanno potuto sopravvivere ai campi tedeschi? Fra la conferenza di Wannsee, nella quale si dice sia stato deciso lo sterminio, e la fine della guerra, itedeschi avevano avuto tre anni e tre mesi per compiere la loro opera.
Fonte Maurizio Blondet
Bruno

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